In merito alle notizie di stampa secondo cui l’ICOMOS avrebbe ritenuto la candidatura della Città di Venezia non ammissibile ad essere inserita nel futuro sito UNESCO “Le opere di difesa veneziane tra XV e XVII secolo”, siamo ad evidenziare come la Giunta Brugnaro stia raccogliendo quello che in questi anni ha seminato: l’assoluta mancanza di sensibilità nel valorizzare l’autentica ricchezza della città, cioè i suoi beni storici e artistici (e fra essi le fortificazioni veneziane, secondo patrimonio culturale comunale dopo i Musei Civici).
Alcuni esempi:
1) il programma di valorizzazione del Forte di Sant’Andrea è stato bocciato dal TAR Veneto e il forte stesso versa ora in stato di TOTALE DEGRADO E ABBANDONO;
2) l’Arsenale di Venezia (acquisito in base alla sciagurata legge n. 221/2012, che solo nominalmente lo ha restituito ai veneziani e che in realtà ha salvaguardato i “poteri forti”) è per una parte non fruibile perché destinato alla manutenzione del MOSE, per una parte fruito solo d’estate (Biennale) e per una parte (quella comunale) noleggiato da Vela per feste private (vedi party di Capodanno alla Torre di Porta Nuova);
3) Ottagono Poveglia: qui addirittura il futuro dell’isola si è incrociato con gli interessi personali del Sindaco prima della sua elezione con il risultato che l’OTTAGONO E’ OGGI IN UNO STATO DI TOTALE DEPERIMENTO CONSERVATIVO;
4) Ottagono Alberoni: qui si è inserito un sito di proprietà PRIVATA (a quale scopo?!?), mentre poteva essere benissimo inserito l’Ottagono Caroman di proprietà demaniale.
Venendo ai forti non oggetto di Candidatura UNESCO la situazione non va meglio:
1) i forti del Campo Trincerato di Mestre sono gestiti da associazione e cooperative, con contratti non rinnovati ormai da anni;
2) il programma di valorizzazione di Forte Cosenz a Favaro è destinato ad analoga bocciatura dal parte del TAR Veneto in quanto il Comune di Venezia ha dato il via libera ad un progetto della Regione Veneto, da realizzarsi mediante la normativa sul federalismo demaniale culturale, mentre il progetto stesso non ha nulla di culturale (piattaforma per la protezione civile).
La realtà è una sola: invece di dotare l’intero sistema di un organico Piano strategico di conservazione e fruizione (da attuarsi mediante un accurato bilanciamento di fondi statali, europei e privati), si preferisce portare i beni in deperimento in modo da far apparire il privato di turno come “l’unico salvatore della patria”, con il risultato però, che non si riesce a garantire nemmeno la semplice apertura dei siti, requisito minimo imposto dall’UNESCO.
Il Comune di Chioggia, retto da un’Amministrazione M5S, e anch’esso escluso dalla candidatura anni or sono, si è rimboccato le maniche e ha stipulato con la Marina Militare un accordo per l’apertura al pubblico del Forte S. Felice (ora visitabile ogni primo sabato del mese fino a ottobre) e sta conducendo trattative con il Ministero della Difesa per la sua definitiva acquisizione, in modo da rientrare nel sito UNESCO quanto prima con i fatti e non con le parole.