Venezia, 7 agosto 2024 – Un anniversario non è solo una ricorrenza. Così, in occasione del centesimo dalla nascita dell’illustre psichiatra veneziano Franco Basaglia (ispiratore della legge 180/1978 che ha chiuso i manicomi com’erano concepiti fino a quel momento), la capogruppo del MoVimento 5 Stelle al Consiglio regionale, Erika Baldin, ha depositato un’interrogazione alla Giunta veneta per chiedere non solo come intenda onorare la figura del grande medico, bensì in quale maniera ne voglia approfondire e sostenere la ricerca legata alla sua opera. L’atto ispettivo è stato sottoscritto anche dal portavoce delle opposizioni a palazzo Ferro Fini, Arturo Lorenzoni, dalla consigliera Elena Ostanel (Il Veneto che Vogliamo) e dall’intero gruppo del Partito Democratico.
«Sono trascorsi ormai cinque mesi dalla data in questione -esordisce Baldin- e a tutt’oggi non è dato sapere come la Regione celebri questo grande scienziato, che le ha dato lustro. Certo, il presidente del Consiglio regionale Roberto Ciambetti ha attribuito a Basaglia il merito di “una delle rivoluzioni più significative del secolo corso”, essendo riuscito “a riscrivere le regole della psichiatria da solo e non senza notevoli contrasti, eliminando lo stigma dalle persone con malattia mentale”. Però appunto, ancora non si conoscono gli atti concreti per dare un futuro alle sue intuizioni: questa interrogazione servirà a fare luce, ed eventualmente a programmarne di efficaci».
A cominciare dall’archivio che Franco Basaglia e la moglie Franca Ongaro hanno lasciato all’Istituto veneto di Scienze, Lettere e Arti di Venezia, il quale conserva una messe documentale in materia di storia sociale del XX secolo e precipuamente di salute mentale. Nonché del Museo interno all’isola di San Servolo, già sede del manicomio femminile: «Già sono state molte -aggiunge l’esponente del M5S- le amministrazioni comunali e le istituzioni pubbliche che hanno ricordato degnamente la vicenda umana e l’attività scientifica di questo insigne veneziano, capostipite della salute mentale contemporanea, il primo a voler superare il manicomio quale luogo di contenzione e terapia coatta. Non è che manca proprio la Regione?».
All’esecutivo di palazzo Balbi la risposta: «Mi aspetto -conclude Erika Baldin- che in ciascuna delle principali città venete e nelle singole ULSS vengano finanziati e condotti programmi di ricerca e analisi della sua elaborazione scientifica. Anche perché non è purtroppo lontano nel tempo il ricordo di quanto avveniva a San Servolo, a San Clemente e nelle strutture consimili prima della riforma radicale di Basaglia, tra elettrochoc, pratiche antiscientifiche e autentiche torture, che degradavano la condizione del malato e spesso lo dimenticavano per decenni come uno scarto, quando con moderni apprendimenti avrebbe potuto essere recuperato alla società civile».