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AMBIENTE/VENEZIA. BALDIN (M5S): INCENERITORE FUSINA, PETIZIONE AL PARLAMENTO EUROPEO

Erika Baldin, consigliera regionale del Movimento 5 Stelle, ritorna sul progetto di ampliamento dell’inceneritore di Fusina (Venezia) e stavolta lo fa puntando a Strasburgo, con una petizione al Parlamento Europeo: «D’intesa con Eleonora Evi, europarlamentare M5S in commissione Ambiente, ho preparato un documento che ribadisce l’assurdità del sovradimensionamento dell’inceneritore, che passerebbe dalle attuali 258.500 tonnellate/anno a 450.000 t/anno, a discapito della fragilità storica, culturale e ambientale della Laguna di Venezia, sulla quale insistono 7 siti SIC-ZPS. L’impianto sarebbe mezzo vuoto se bruciasse solo le 160.000 tonnellate/anno del bacino veneziano, che ha un trend in costante calo. Quindi che faranno? Porteranno a bruciare qui i rifiuti di altre regioni».

«Nella petizione – spiega Baldin – tocco i temi più caldi di un ampliamento travestito da “aggiornamento tecnologico”, che mi hanno già visto presentare una mozione in Regione e contattare il Ministero dell’Ambiente per mettere uno stop alla commissione VIA regionale. Infatti le dimensioni del progetto (che va oltre i 67 megawatt termici) richiedono un’autorizzazione della Commissione di Impatto Ambientale nazionale: non basta solo quella regionale se si superano i 50 megawatt».

«Tale progetto – scrive la politica veneziana nella petizione caricata oggi sul portale del Parlamento Europeo – sembrerebbe entrare in contrasto con gli articoli 4 e 13 della direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE. Una strada senza uscita visto che, per stessa ammissione della società proponente, per Fusina esiste la possibilità che parte dei fanghi lavorati provengano dai depuratori che trattano le acque reflue contaminate da PFOA e PFAS, le sostanze tossiche industriali che hanno fatto disastri in molte aree del Veneto».

«Grazie al sostegno di Eleonora Evi, che seguirà passo passo l’iter della petizione, auspico che l’ampliamento venga discussa in aula a Strasburgo. Vediamo che effetto farà, davanti all’Europa intera, l’immagine di una montagna di rifiuti da bruciare al limitare della laguna, a due passi da Venezia».

NB: Erika Baldin ed Eleonora Evi hanno realizzato un video congiunto sulla questione che trovi sul canale YouTube di Baldin

venerdì 17 aprile 2020

Qui sotto il testo della petizione

La firmataria esprime preoccupazione in ordine all’imminente approvazione regionale di un progetto denominato dai proponenti di “aggiornamento tecnologico” ma che in realtà consiste nell’ampliamento di un polo impiantistico per la gestione dei rifiuti sito a Venezia (nella località di Fusina), con aumento della capacità produttiva di lavorazione del Rifiuto Urbano Residuo (RUR) finalizzata alla produzione di CSS (Combustibile Solido Secondario) che passerebbe dalle attuali 258.500 t/anno a 450.000 t/anno.

A discapito dell’innegabile importanza e fragilità storica, culturale e ambientale dell’area della Laguna di Venezia, sulla quale insistono 7 siti SIC-ZPS, i proponenti del progetto intendono ottenere l’autorizzazione a trattare fino a 90.000 t/anno di fanghi provenienti dai depuratori civili del Veneto e 40.000 t/anno di percolati da discarica al fine di ottenere sostanza secca da bruciare nelle linee di combustione.

I livelli attuali e futuri di produzione di RUR nell’ambito del bacino veneziano e dell’intera regione non giustificano in alcun modo la necessità di un impianto di queste proporzioni. A ciò aggiungasi la circostanza che è contemporaneamente e notoriamente esplosa anche nel nostro Paese, e nell’area di Venezia in particolare, la situazione di emergenza sanitaria globale legata alla pandemia da Coronavirus (Covid-19), che sta causando la morte di decine di migliaia di persone in tutto il Mondo, con contestuale vero e proprio crollo nella produzione dei rifiuti urbani e dei rifiuti speciali assimilabili a causa delle misure emergenziali dato che molte attività economiche, e in particolare quelle legate al settore turistico, hanno subito e subiranno nei mesi a venire rigorose limitazioni.

Tale progetto sembrerebbe entrare in contrasto con gli articoli 4 e 13 della direttiva quadro sui rifiuti 2008/98/CE, in virtù dei quali all’incenerimento dovrebbero essere preferite altre forme di trattamento dei rifiuti e ciò dovrebbe avvenire senza creare rischi per l’acqua, l’aria, il suolo, la flora o la fauna e senza danneggiare il paesaggio o i siti di particolare interesse.

A questo proposito la stessa società proponente ha ammesso pubblicamente la possibilità che parte dei fanghi trattati provengano dai depuratori che trattano le acque reflue contaminate da PFOA e PFAS, sostanze tossiche industriali (presenti in alte concentrazioni anche nei percolati) che notoriamente contaminano l’area del Veneto in seguito a un disastro ambientale avvenuto qualche anno fa e che ha suscitato notevole clamore mediatico in tutta l’Unione europea.

Quanto alle emissioni in atmosfera, per alcuni inquinanti come gli ossidi di azoto (NOX), le polveri fini (PM 2,5) e gli idrocarburi policiclici aromatici (IPA) le soglie limite nell’area veneziana sono già abbondantemente superate, e le emissioni dell’inceneritore andrebbero a peggiorare la situazione; si ricorda infatti che da diversi anni ormai la Pianura padana presenta il triste primato di zona avente la peggiore qualità dell’aria in Unione europea. In ragione di ciò la Commissione europea ha deciso nel marzo del 2019 di deferire l’Italia alla Corte di Giustizia dell’UE per l’inquinamento atmosferico e la mancata protezione dei cittadini dagli effetti del biossido di azoto (NO2), uno degli NOX. La Commissione ha invitato l’Italia a rispettare i valori limite convenuti sulla qualità dell’aria e ad adottare misure adeguate per ridurre i livelli di inquinamento. I valori limite di NO2 stabiliti dalla legislazione dell’UE in materia di qualità dell’aria ambiente (la già citata direttiva quadro 2008/50/CE) avrebbero dovuto essere rispettati già nel 2010.

Nel 2019 la concentrazione a livello globale di CO2 in atmosfera ha superato la soglia record di 415 parti per milione. Gli effetti del surriscaldamento globale sono ormai evidenti a tutti e sembrano avanzare a una velocità esponenziale. Secondo l’IPCC per rimanere entro il limite di +1,5 gradi di innalzamento della temperatura media terrestre è necessario abbattere le emissioni di gas climalteranti del 45% entro il 2030 e del 100% entro il 2050.

Il progetto è particolarmente inviso alla cittadinanza e a comitati e associazioni ambientaliste preoccupate per il suo impatto ambientale, che hanno chiesto la sospensione del procedimento autorizzatorio per almeno un anno, facendo leva sulla compressione dei propri diritti costituzionali di riunirsi e di manifestare a causa della pandemia da Covid-19 in corso, dato che i provvedimenti emergenziali presi del Governo italiano nelle ultime settimane ai fini di tutela della salute pubblica impediscono lo svolgersi di svariate iniziative pubbliche sul tema.

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erika baldin: