Venezia, 25 febbraio 2025 – Nella giornata di martedì 25 febbraio, con il “clic day”, ha preso il via in Veneto la possibilità di richiedere un contributo per la sottoscrizione di abbonamenti al trasporto pubblico, da parte di coloro che abitualmente raggiungono il luogo di lavoro spostandosi con autovettura privata. Un provvedimento deliberato dalla Giunta regionale il 16 dicembre, che secondo la capogruppo del MoVimento 5 Stelle Erika Baldin presenta vari aspetti positivi e alcune criticità: «Ho molto apprezzato la natura del provvedimento e le sue finalità, ovvero ridurre il numero delle automobili in transito lungo le strade venete e favorire modalità di viaggio più rispettose dell’ambiente».
Secondo la consigliera, il dispositivo trova sintonia con il disegno di legge depositato a sua prima firma nel settembre scorso, il quale postula il diritto alla mobilità sostenibile e all’accesso al trasporto pubblico per le giovani generazioni, sotto forma di gratuità (sul modello emiliano-romagnolo) per studentesse e studenti fino al termine dell’obbligo scolastico e per le persone under 26 residenti in Veneto, con indicatore ISEE inferiore a 30mila euro.
«Inoltre -continua Baldin- la delibera veneta riprende, nei suoi effetti, anche la ratio che aveva portato, con il decreto legge 50/2022 del governo Draghi, all’istituzione del cosiddetto “bonus trasporti” per coloro che, senza limiti di età, avessero guadagnato nell’anno precedente un reddito complessivo non superiore a 35mila euro. Quel provvedimento aveva subito ricevuto feedback lusinghieri da parte dell’utenza, tanto che fu replicato per molti mesi su scala universale. L’avvento del governo Meloni ha prima ridotto la portata dell’investimento, e poi l’ha eliminato del tutto».
Quella della Regione Veneto è una misura «valida ma tuttavia migliorabile», afferma l’esponente del M5S in una lettera istituzionale inviata all’assessora Elisa de Berti (Trasporti) e all’assessore Gianpaolo Bottacin (Ambiente), i fautori della sperimentazione: «Alcune e alcuni utenti mi hanno segnalato almeno due ordini di problemi.
Il primo consiste nel fatto che alcune tratte, servite da determinate aziende in regime di contratto di servizio con l’ente pubblico, risultano non rimborsabili, a causa di un mancato accordo con le aziende stesse. Mi riferisco soprattutto, per l’area metropolitana di Venezia, ai casi di ATVO, vettore fondamentale nel Veneto orientale, e di Arriva Veneto che garantisce le linee di collegamento via gomma da Chioggia e Sottomarina fino a Marghera, Mestre e Venezia».
Il secondo aspetto da rivedere sta nel “favor” concesso ai capoluoghi di provincia, privilegiati rispetto alle aree interne e periferiche: «Per come è stata pensata la norma -conclude Erika Baldin – non sono rimborsabili i tragitti compiuti tra due località non capoluogo, ancorché ubicate entro province differenti. Anche in questo caso, a farne le spese sono studentesse e studenti, lavoratrici e lavoratori pendolari costretti a munirsi di un mezzo privato (proprio quelli che l’intento della delibera voleva restringere!) al fine di compiere il proprio dovere in un’altra città o paese.
Trovo assurdo che proprio le aree periferiche non siano coinvolte, visto che sono quelle in maggiore stato di bisogno. E questo particolare, magari involontariamente, contribuisce a creare la percezione di sentirsi cittadine e cittadine di serie B rispetto a chi vive nei luoghi più abitati. Spero che queste mie sollecitazioni trovino ragion d’essere, vengano considerate e magari accolte in corso d’opera, onde allargare la platea delle persone che avrebbero potenziale diritto al contributo».