Venezia, 26 maggio 2023 – «Un’occasione perduta per entrare nel futuro». È rammaricata Erika Baldin, capogruppo del MoVimento 5 Stelle al Consiglio regionale, per la posizione assunta dal Veneto -assieme alla Lombardia e al Piemonte- in sede di revisione della direttiva europea in tema di qualità dell’aria, durante la seduta di mercoledì scorso a Bruxelles.
Com’è noto, il progetto della Commissione Europea per una nuova direttiva (ora in fase di acquisizione dei pareri) fissa limiti più stringenti rispetto all’attuale concentrazione di PM10 e polveri sottili, con attuazione progressiva a partire dal 2028 ed entrata a regime nel 2030: le tre grandi Regioni del nord Italia si oppongono, affermando di condividere gli obiettivi ma che l’eventuale approvazione non terrebbe conto della specificità dei territori.
La consigliera ironizza: «Torna la Padania… le tre Regioni, amministrate dalla destra per trent’anni, vogliono continuare così, sventolando minacce di chiusura delle imprese con le conseguenti ricadute occupazionali, pur di non convertirsi alla transizione ecologica, chiesta a più riprese dalla stessa Unione Europea quale condizione per fruire degli ingenti fondi del PNRR, conquistato all’Italia dal presidente Giuseppe Conte».
Secondo Baldin, è vero che c’è una specificità veneta: «Siamo la Regione dei PFAS, degli inceneritori tossici, delle tante discariche non autorizzate, del dissesto idrogeologico dovuto al cambiamento climatico indotto dalle attività umane -ricorda la coordinatrice metropolitana del M5S- e chi la amministra continua a rinviare la messa in discussione della propria mobilità, fondata sulla gomma anziché la rotaia, e sul primato del traffico automobilistico privato (anche nelle merci) anziché del trasporto pubblico locale. Rispetto alle altre autorità locali in Europa, si può dire che il Veneto prosegue in direzione ostinata e contraria».
Queste posizioni stridenti non sono sfuggite anche a una cinquantina di esponenti della scienza, della ricerca e della medicina, che hanno sottoscritto una lettera al governo Meloni per chiedere di fermare questi distinguo e di dare il via libera alla nuova direttiva: «Dobbiamo ascoltare questo appello -conclude Erika Baldin- perché non è il tempo del pragmatismo e della cautela, invocate dai rappresentanti regionali in sede UE. Pare quasi che la sindrome nimby, uscita dai territori, si riaffacci nelle istituzioni. Se il Veneto ha stanziato 900 milioni di euro negli anni per migliorare la qualità dell’aria, ora con queste posizioni ufficiali smentisce se stesso, definendo “irragionevoli e non percorribili” gli obiettivi continentali a differenza delle altre macroregioni, pur di continuare a non rivedere il proprio modello di sviluppo industriale e infrastrutturale».