«A partire dallo scorso anno, con l’aggravarsi della situazione nelle carceri, ho visitato diversi istituti: la casa circondariale di Venezia, il minorile di Treviso e il femminile di Venezia. Quest’ultimo, non a caso, di recente ha visto la presenza di Papa Francesco: un messaggio rivolto anche alla politica, che troppo spesso trascura la realtà del carcere. Negli istituti ho trovato una grande sensibilità da parte della polizia penitenziaria, in particolare nell’IPM di Treviso dove mi ha colpito il forte legame che si percepiva tra gli agenti e i minori. Il femminile di Venezia presenta una spiccata vocazione al lavoro: tra sartoria, lavanderia e laboratorio cosmetico, gran parte delle detenute lavorano per attività che hanno come clienti anche i grandi hotel di lusso veneziani», prosegue Baldin, che a seguito delle visite nelle carceri venete ha depositato alcuni atti in consiglio regionale, tra cui la mozione presentata l’otto marzo scorso per impegnare la Regione ad attivarsi a favore delle detenute madri e delle detenute minorenni.
«Occorre riconoscere il merito delle associazioni che lavorano in carcere, ma non è sufficiente. Non possiamo accettare realtà con un educatore ogni 130 detenuti: queste rappresentano un fallimento dello Stato, e un tradimento dell’articolo 27 della Costituzione che indica la funzione rieducativa della pena. Proprio l’intervento educativo, assieme al lavoro, è fondamentale per evitare la recidiva. Infine, un intervento urgente va rivolto alle strutture, che sono spesso fatiscenti: nel minorile di Treviso è stato uno shock scoprire che nei bagni il water e la doccia occupavano lo stesso spazio, adiacente al lavandino. Situazioni di scarsa igiene denunciate anche dal Garante comunale di Treviso e dal Garante regionale», conclude Baldin.
Erika Baldin (MoVimento 5 Stelle), consigliera regionale